Una storia di una donna che ha fatto rinascere la produzione dell’Olio in un paesino con 110 anime.

Ci sono uomini di mare e uomini di montagna a cui l’ambiente prima o poi scolpisce la faccia. Io sono un uomo di collina e alle grandi avventure e alle scalate preferisco le buone mangiate. Di solito il territorio collinare è adatto alla vite e, se coltivare la terra in collina è più duro, vedere il mondo da mezza altezza ti aiuta a capirlo meglio senza sentirti troppo distante. La collina è il mio modo di vivere e le mie colline sono quelle del Monferrato.

 

Sono le onde, ora dolci ora scoscese, di un mare verde dalla pace inesauribile; non sono tutte una vigna come nelle Langhe o in Toscana ma, anche diversamente coltivate, sanno lasciare spazio ai boschi e ora, a completare questa raccolta dei beni della terra, è tornato l’ulivo.

 

Dico tornato perché a inizio Novecento faceva sicuramente parte delle colture regionali, poi abbandonato a causa di qualche drastico irrigidimento del clima, come si vede nella toponomastica di molte località in cui l’olivo è in qualche modo presente. Olivola è un piccolo ed affascinante paese del Monferrato Casalese in pietra da cantoni, di soli 110 abitanti a 280 metri di altezza, su un colle a metà strada tra Casale Monferrato e Alessandria. A ricordare l’attività olearia, oltre al nome, ha anche nello stemma comunale un ramo d’ulivo.

La sfida degli individui fa rinascere un zona di produzione come grande zona di produzione

Comunque, per un motivo o per l’altro, fino a trent’anni fa di produrre olio in Monferrato non se ne parlava più.

 

Se l’olio del Monferrato è ora una realtà produttiva in crescita e di qualità, con varietà di profumi, aromi e sapori a seconda delle cultivar utilizzate ma con in comune una straordinaria finezza; questo è merito di alcuni pionieri appassionati, bastian contrari, a volte anche solo hobbisti che hanno fornito ognuno il loro contributo di fantasia personalità. In trent’anni hanno saputo far rinascere un prodotto che ora è un’eccellenza e che, anche se ancora privo di un suo disciplinare e certificazione, ha sempre più estimatori, sia fra i buongustai che fra i professionisti della cucina. Bisogna poi aggiungere che lo stress riproduttivo degli olii del nord aumenta i polifenoli e li rende quindi unici anche da un punto di vista salutistico. Poco olio ma buonissimo!

Quindi sono andato ad Olivola a trovare Anita Casamento che dell’olio monferrino è la regina. Vive con il marito Michele Aquilino in una villetta, un po’ discosta dal paese ma non troppo, in mezzo ai suoi ulivi. Mi ricevono in una sala con una vetrata che si affaccia sul giardino, la casa sa di intelligenza e buon gusto, sicuramente più intellettuali che contadini. 

 

Infatti Michele è titolare da 50 anni a Milano di un’agenzia che organizza convention aziendali mentre Anita è presidente di ArsEducandi , una società accreditata presso il Ministero della Salute specializzata in formazione medica e diffusione della cultura della salute, anche questa con sede a Milano. Ma allora come sono capitati in Monferrato e perché l’olio? 

 

“Abbiamo cominciato a venire in questi posti da giovani, nel periodo del 68.” Racconta Anita: “C’erano amici con una cascina da queste parti dove ci trovava qualche volta. Allora erano veramente zone rurali, con poche concessioni alle comodità turistiche, ma si respirava aria di libertà. Era quello che in quel periodo si cercava. 

 

Ma la vera scintilla scoccò nell’89 quando rimasi con i bambini piccoli per 10 giorni da sola in un casolare su una collina. Uscivo la mattina, mi guardavo attorno e mi sembrava di essere in un altro mondo. Ho detto a Michele che era ora di comprare una casa” “ Il primo ulivo lo piantammo nel 92, come regalo per mia figlia Valentina. Cresceva bene. Perché non riprovarci? Così vennero i primi 50 alberi sopra la casa”. 

Ma la vera scintilla scoccò nell’89 quando rimasi con i bambini piccoli per 10 giorni da sola in un casolare su una collina. Uscivo la mattina, mi guardavo attorno e mi sembrava di essere in un altro mondo. Ho detto a Michele che era ora di comprare una casa” “ Il primo ulivo lo piantammo nel 92, come regalo per mia figlia Valentina. Cresceva bene. Perché non riprovarci? Così vennero i primi 50 alberi sopra la casa”.

 

Anita e Michele sono quasi ottuagenari ma sono ben conservati dall’amore: dimostrano molti anni in meno. Non sono i soliti investitori milanesi che si innamorano di un posto in campagna e ci fanno il vino con un buon enologo.

Le mani di Anita sono quelle di una che le usa per coltivare. Da trent’anni porta avanti una sfida partita con tanta speranza e nessuna certezza. Ti può parlare per ore di ogni pianta declinandone la varietà e le proprietà, ti parla dell’esposizione solare, della gestione dell’impianto, della trasformazione e della conservazione del prodotto, delle sue proprietà nutraceutiche. Si vede che sono nozioni acquisite con la testa nei libri e le mani nella terra. Michele assente con il capo e sorride.

 

Ora gli alberi sono circa 1500 con ben 12 cultivar diverse e producono, nelle annate buone circa 10 tonnellate di olive.

 

Anita è Vicepresidente e socio fondatore del Consorzio per la tutela dell’olio extra vergine di oliva in Piemonte, Socio Fondatore dell’Associazione Piemontese Olio Evo, Sommelier dell’Olio.

 

Olivola ha avuto l’onore di essere accreditata nel 2023 tra le Città dell’Olio d’Italia. Tutto merito di questa donna dolce e testarda e del suo amorevole e consenziente marito.

 

“L’amore per questa terra ci obbliga a proteggerla: così nel 2020 abbiamo aderito alla certificazione S.Q.N.P.I (sistema di qualità nazionale di produzione integrata), dal 2021 abbiamo richiesto la certificazione biologica e dal dicembre 2022 abbiamo ottenuto la certificazione di conformità biologica; da queste pratiche sono nati ovunque nell’uliveto fiori spontanei che fanno bene agli insetti, in particolare alle api, oltre ad arricchire naturalmente il terreno.”

Quando mette in bocca questo l’olio d’oliva fa venire in mente the landscape

“Conosco i miei olivi uno per uno, in tutte le varietà scelte con lo scopo di fare un olio extra vergine Unico per sapore e ricchezza di nutrimento. Così abbiamo chiamato Unico il nostro Blend di nove cultivar diverse che contribuiscono a moltiplicare i profumi e i sapori e che si può usare su tutti i cibi. Sono Leccino, Leccio del Corno, Carolea, Picholin, Taggiasca, Moraiolo, Bianchera, Grignan e un tocco di Coratina”.

 

Lo assaggio su una fetta di pane semintegrale ed è veramente una mappa del nostro territorio, quasi commovente: verde come le colline, selvatico come una lepre che corre fra i campi, austero e robusto all’inizio poi amichevole e cordiale come un contadino monferrino.

Nel tempo abbiamo deciso, con le cultivar che ci sembravano più adatte, di produrre due oli monovarietali: quello di Bianchera tipica del Friuli ha dato un olio ricco di polifenoli e vitamine, dal piccante e amaro intenso, molto apprezzato dagli intenditori e quello di Grignan, tipica del Garda veronese con le stesse caratteristiche di polifenoli e vitamine e un tocco di gentilezza sul palato”.

 

Poi mi ha accompagnato a fare un giro degli oliveti che sono tutti attorno alla casa. Ci è voluta un’ora e di ogni albero mi raccontava qualche cosa, di ognuno aveva un aneddoto, una storia. Un’ora di immersione nella bellezza. Il vento di primavera muoveva le foglie argentate, gli ulivi sani e vigorosi si erano riappropriati del loro territorio, a conferma che il miracolo c’era stato e che erano state persone normali a compierlo in trent’anni di passione e dedizione.

 

L’ultimo oliveto sulla collina era immerso in una coltre di papaveri rossi che sembravano fare da prestigiosa guida al visitatore.

 

Davanti il colle di Vignale, città del Grignolino, uno dei miei grandi amori monferrini e appena dopo, quasi confinante con Olivola, c’è la mia nuova casa, a Grazzano Badoglio, dove naturalmente c’è un olivo, quasi all’ingresso del mio giardino.